Archivio mostre

Aline d’Auria | Se chiudo gli occhi vedo la montagna

19.11 – 17.12.2023
07.01 – 21.01.2024

Il Museo d’arte Mendrisio è lieto di annunciare il secondo appuntamento della stagione espositiva di Casa Pessina 2023, dedicato alla presentazione di un ampio lavoro di ricerca sviluppato dall’artista Aline d’Auria nel corso degli ultimi anni. Il progetto, intitolato Se chiudo gli occhi vedo la montagna, si propone di indagare l’ancestrale rapporto di potere fra uomini e donne tramite la rielaborazione da parte dell’artista del vissuto delle donne che l’hanno preceduta nella genealogia della sua famiglia. Attraverso l’indagine dei materiali contenuti nell’archivio della sua famiglia materna, l’artista ha incontrato molteplici storie di vita, interrogativi irrisolti, tracce di eventi banali e di drammi profondi che l’hanno portata a sviluppare una riflessione sui rapporti di potere insiti in ogni nucleo familiare. L’intento del suo lavoro non è però quello di operare una ricostruzione storica di eventi passati, bensì quello di aprire queste vicende a una lettura universale e di offrire loro la possibilità di una conclusione alternativa. La forza dell’opera di Aline d’Auria risiede nella capacità di far emergere la carica emotiva e il potenziale narrativo di immagini che giacevano dormienti e dimenticate.
La mostra si presenta come un’opera complessa, composta da più elementi che intersecano e reimmaginano le esperienze di donne vissute in epoche e contesti diversi ma che molto probabilmente avevano sogni, aspettative e preoccupazioni comuni. L’allestimento combina armoniosamente materiali d’archivio e fotografie realizzate dall’artista permettendo al pubblico di ritracciare il percorso seguito da Aline d’Auria nel processo di creazione delle sue opere, un’esperienza immersiva che trova una liberatoria e coinvolgente conclusione nell’installazione video a tre canali presentata nella parte centrale dello spazio espositivo.

Stefano Spinelli | Se nel folto del bosco

07.05 – 11.06.2023

Con l’esposizione di Stefano Spinelli il Museo d’arte Mendrisio inaugura l’ottava stagione di mostre fotografiche negli spazi di Casa Pessina a Ligornetto. Il progetto di Spinelli, intitolato Se nel folto del bosco una voce cercando mi ritrovo, presenta un’accurata selezione di immagini realizzate nell’ambito di un lavoro molto più ampio, iniziato durante il primo lockdown dovuto alla pandemia di coronavirus, quando per Spinelli, così come per molti, il bosco diventa uno spazio di fuga, un luogo selvatico dove ritrovare energia e lucidità di pensiero.
Nelle sue immagini colpisce dapprima l’aspetto formale, la capacità di restituire uno spazio scandito ritmicamente dai tronchi e dai rami degli alberi, dall’alternarsi di piante e arbusti di specie diverse.
Ma la ricerca di Spinelli non è rivolta unicamente alla sublimazione dell’impulso astratto insito in ogni ambiente figurativo: Spinelli pone lo spettatore al centro del bosco e ne amplifica la visione – come suggerisce il loro contorno irregolare, queste immagini risultano infatti dell’unione di più scatti   invitando a osservare il bosco in quanto ecosistema, una società interconnessa che silenziosamente si muove lungo il ciclo della vita.

Stefano Galli | Body and Soul – Jazz Portraits

12.06 – 10.07.2022

Da William Gottlieb in poi, la fotografia musicale ha assunto un ruolo davvero importante nel panorama visivo contemporaneo. Così, soprattutto, nell’ambito della musica jazz: molti ritratti di musicisti, spesso in bianco e nero, sono oggi parte dell’immaginario collettivo e hanno lasciato un segno indelebile nella formazione della nostra cultura. Stefano Galli (1966) fotografa i grandi protagonisti della scena jazzistica internazionale da quasi vent’anni: in questa mostra oltre 30 splendide immagini (scattate live nei principali festival della nostra regione) testimoniano la sua grande capacità di cogliere l’attimo e trasformare l’atto documentario in forma espressiva.

Fabio Tasca | Giuseppe Chietera | Facing Scapes

19.03 – 10.04.2022

Facing Scapes è un progetto “a quattro mani” che riunisce gli esiti di due diversi fotografi: Fabio Tasca e Giuseppe Chietera. La mostra, a cura di Barbara Paltenghi Malacrida, propone le loro rispettive riflessioni sul tema del paesaggio e sul rapporto con lo spazio attraverso un allestimento che vede le opere convivere in un dialogo della visione seppur relativamente a luoghi geograficamente distanti. Una contiguità della lontananza che consente un confronto espressivo e lucido tra le immagini in bianco e nero di Fabio Tasca e quelle a colori di Giuseppe Chietera. Come scrive Vega Tescari nel bel saggio critico in catalogo «Gli spazi fotografati si guardano e dialogano, ma a distanza, non si riflettono gli uni negli altri. Delineano un percorso concreto e fisico, ma anche mentale e immaginario. Il bianco e nero di Tasca e il colore di Chietera appartengono a una medesima geografia, in gran parte indefinibile: luoghi che è lo sguardo a trasformare in vedute o panorami. Il rimando alla veduta (scape) richiamato nel titolo ha un carattere interrogativo più che enunciativo. Se non fosse per le didascalie che orientano verso un determinato luogo, non sarebbe possibile dire dove ci si trovi».

Alek Lindus. Last works

03.10 – 07.11.2021

L’attività di Casa Pessina prosegue nell’autunno 2021 con una nuova proposta espositiva, nell’ambito della 12.ma Biennale dell’immagine: protagonista del nuovo appuntamento, 15mo capitolo di una stagione che il Museo d’arte Mendrisio ha inaugurato 6 anni fa per la sede di Ligornetto, è la fotografa Alek Lindus (1965-2021). Formatasi nel campo dell’arte a Londra e poi in Grecia, le sue opere si caratterizzano per un’aura di sottile precarietà dell’immagine, che da un lato ne esalta l’aspetto volutamente artificiale e dall’altro sottolinea la vanità e caducità della vita.

Nella serie Summer comes slow. Wrapped in gold (2020) l’inserimento di una sottile foglia d’oro all’interno delle Polaroid altera delicate immagini di fiori in nature morte cristallizzate nel tempo;
in Welcome to Paradise (2020) bagnanti e paesaggi della sua Grecia si trasformano, con cromatismi invecchiati e alterati, in frammenti di una vita apparentemente lontanissima;
in When life gives you lemons (2019) Alek Lindus affronta e testimonia la terribile malattia di cui fu ostaggio negli ultimi anni della sua vita attraverso torsi-autoritratti convertiti da positivo in negativo: fotografie simboliche, nelle quali ogni attributo acquista un valore semantico e struggente. Un’ambiguità illusoria, una drammaticità feroce.

Andrea Basileo. Tutti Frutti

08.05 – 13.06.2021

Anche Casa Pessina, dopo la chiusura forzata legata alla pandemia Covid-19, riapre al pubblico per la nuova stagione 2021. Protagonista del primo appuntamento dell’anno è il fotografo di Ligornetto Andrea Basileo, il cui progetto TUTTI FRUTTI costituisce il 14mo capitolo di una stagione che il Museo d’arte Mendrisio ha inaugurato 6 anni fa per la sede di Ligornetto, lo spazio che la città di Mendrisio dedica alla scena fotografica ticinese.

La serie di Andrea Basileo costituisce la testimonianza della sua attività pluriennale come monitore per Atgabbes, associazione ticinese di genitori e amici di bambini con disabilità. Per alcune estati Basileo ha accompagnato i bambini durante le loro attività quotidiane: la sua formazione di fotografo lo ha spinto, però, a voler immortalare e raccontare questa sua splendida esperienza attraverso una serie di immagini. Il risultato è sorprendente: la sua fotografia ha il dono di cogliere i momenti ludici così come le particolarità dei singoli partecipanti, mai indugiando sulle differenze ma, al contrario, esaltando le unicità e le singole personalità dei ragazzi. Le attività all’aperto così come i momenti di convivialità colti all’interno ci riportano a un’atmosfera di gioco e di riflessione: le istantanee di Basileo hanno il dono di consegnarci la naturalezza espressiva dei bambini i quali, come lo stesso artista racconta, «erano, nella loro sincera apertura, quello che potremmo ritenere un ottimo esempio di inclusione».

Piritta Martikainen. Vedelle

15.11 – 13.12.2020

Piritta Martikainen, nata in Finlandia e svizzera di adozione, con la serie VEDELLE (“All’acqua”) esplora attraverso un gruppo di fotografie e alcuni video le varie forme dell’acqua nel contesto naturale e riflette sul profondo rapporto che la lega a questo elemento. Nata e cresciuta in Finlandia, un territorio che vede oltre 50’000 laghi sulla sua superficie, Martikainen vede nell’acqua non solo un simbolo “ereditario” della propria terra natia ma, soprattutto, uno strumento ideale per un’indagine ad ampio raggio sul dato visibile e l’invisibile. Come scrive bene Elio Schenini nel saggio in catalogo «Diversamente da quanto potrebbe apparire a prima vista, quelle di Piritta Martikainen non sono mai semplici visioni naturalistiche. Non si tratta per lei di documentare fotograficamente dei paesaggi naturali più o meno incontaminati, quanto piuttosto di trovare dentro questi stessi paesaggi la risonanza della propria vita interiore. Vi è quasi sempre nelle sue immagini una tensione che rimanda a una dimensione onirica, oppure un’ambiguità visiva che incrina inesorabilmente l’apparente immediatezza e banalità dell’inquadratura». Oggetto solo apparentemente occulto della ricerca artistica sono i panorami interiori, i ricordi, le presenze umane: le immagini, di grande delicatezza cromatica, si caratterizzano per un fuori fuoco quasi costante, a rivelare la mediazione creativa della visione reale, colta in entrambe le sue terre d’appartenenza: la Finlandia e la Svizzera.

Cosimo Filippini. Rampante

12.09 – 18.10.2020

Protagonista del primo appuntamento del 2020 è il fotografo e artista luganese Cosimo Filippini: il suo progetto, intitolato Rampante, è il dodicesimo capitolo di una stagione che il Museo d’arte Mendrisio ha inaugurato ormai 5 anni fa per la sede di Ligornetto, lo spazio che la città di Mendrisio dedica alla scena fotografica ticinese. Il progetto di Cosimo Filippini, che si delinea come la prosecuzione di un’indagine iniziata nel 2010 e dedicata al paesaggio, mette in luce la versatilità interpretativa e tecnica del mezzo fotografico: si tratta di immagini che, da un lato, colgono un momento estremamente concreto e naturale della vita di montagna (il taglio e il trasporto degli alberi con un elicottero), dall’altro si prestano a un’interpretazione estetica dell’immagine stessa. Gli alberi, senza radici, volano nel cielo in un’ottica decontestualizzata che conferisce loro una forte componente scultorea, e che muta il loro significato e il loro ruolo. Da testimonianza diventano forma: non più alberi ma immagine di alberi.  Una fotografia che, lontana da ogni manipolazione tecnica, invita a una rilettura poetica, quasi surrealista, del mondo circostante.

Gian Paolo Minelli. Ex Barrio 26

20.10 – 17.11.2019

Il progetto Ex Barrio 26 è l’undicesimo capitolo di una stagione che il Museo d’arte Mendrisio ha inaugurato 4 anni fa per la sede di Ligornetto che si sta affermando quale spazio mendrisiense dedicato alla fotografia ticinese. Nelle culture occidentali la città è stata a lungo immaginata come un spazio dell’integrazione sociale e culturale. Luogo sicuro, protetto dalla violenza della natura e degli uomini. Il Barrio 26 (quartiere 26) era un assestamento precario costruito sulle sponde del fiume Riachuelo di Buenos Aires 50 anni fa, un fiume altamente inquinato, un fiume morto. Gli abitanti, circa 160 famiglie sono state spostate dalle loro case precarie in un altro quartiere per motivi di sanità e salute. Oggi il quartiere non esiste più, è stato distrutto. Il progetto focalizza con grande sensibilità le contraddizioni dei parametri urbanistici e le conseguenze drammatiche dal punto di vista umano.

Giovanni Luisoni. Sintesi

07.09 – 29.09.2019

La mostra intende ripercorrere la carriera di Giovanni Luisoni e, parallelamente, porre l’accento sul suo essere interprete della propria regione, il Mendrisiotto. Attraverso la scelta di venti immagini, tutte rigorosamente in bianco e nero, l’esposizione di Casa Pessina concentra un compendio coerente di quanto pubblicato nel volume Il risveglio del dimenticato. Il progetto espositivo si configura come una selezione di contenuto, una Sintesi appunto, del percorso artistico e degli interessi tematici portati avanti da Luisoni nei suoi ultimi trent’anni di attività e ben documentati nel volume, con una particolare attenzione al paesaggio e ai suoi cambiamenti, in una serie di immagini che, a loro volta, trasformano la nostra percezione del tempo. Fotografie sospese, scorci che sembrano universali. Un omaggio doveroso a uno dei principali testimoni della realtà rurale, sociale e urbana del Mendrisiotto, uno sguardo impegnato e attuale seppur svincolato dai canoni delle più attuali espressioni contemporanee.

Roberto Mucchiut. Tra un anno, luce

05.05 – 02.06.2019

Il lavoro di Roberto Mucchiut è l’evoluzione di un percorso di ricerca iniziato una decina di anni fa con il progetto fotografico. Il tema della Natura e della soggettività del Tempo sono dunque centrali nella sua ricerca: le implicazioni sociali di un rapporto sempre più difficile con il nostro futuro, le continue scoperte delle neuroscienze e della fisica quantistica hanno portato l’artista a riflettere sulla stessa esistenza del tempo, protagonista del progetto odierno. Tra un anno, luce affronta, infatti, la domanda chiave: il tempo non esiste più? Il progetto artistico esplora il tema considerando il mondo come una sequenza di “eventi”, “accadimenti”, “processi”, utilizzando i linguaggi della fotografia e, per la prima volta nel contesto di Casa Pessina, quelli della videoarte e della Media Art digitale che permette di manipolare in tempo reale e interattivamente l’essenza stessa del Tempo. Le opere in mostra vedono una serie di fotografie su carta (video-scansioni digitali); un dittico video (caratterizzato da un intervallo sincronizzato), un’installazione video interattiva (con scansione temporale dello spazio e immagini generate in tempo reale) e una sonorizzazione ambientale.

Simon Brazzola. Sea-city

23.09 – 28.10.2018

Il lavoro di Simon Brazzola si muove attorno a una visione ambivalente: il paesaggio come punto di partenza di una visione rarefatta e lontana, che si presta a interpretazioni diverse sulla base di un effetto di alterazione ottica percepibile unicamente nel confronto tra le due dimensioni di stampa scelte, alla cui base ruota l’interno concetto espositivo. Il grande e il piccolo formato, infatti, rivelano una duplicità della percezione sensoriale che queste immagini provocano in chi le guarda. Nelle opere più piccole il paesaggio appare come una suggestiva marina, l’orizzonte basso sovrastato da un’enorme massa di nubi. I colori sono sfumati, i contorni si ammorbidiscono in una resa che è particolarmente pittorica (nell’accezione romantico-paesaggistica del termine). Nella grande dimensione, invece, grazie al rivelarsi di dettagli preziosi totalmente nascosti all’occhio nel formato minore, ci si accorge immediatamente dell’illusione percepita in precedenza: non si tratta di onde dai riflessi di schiuma ma di case, palazzi, città. Non Sea ma City, parafrasando il titolo della mostra, che permette un interessante gioco di parole: la parola inglese “Sea” (mare) si pronuncia come “See” (vedere).

Tommaso Donati. Teresa

29.04 – 10.06.2018

Il lavoro di Tommaso Donati parte spesso da una fascinazione, o meglio da una spinta istintiva verso un luogo: all’inizio un quartiere o un’architettura, poi una storia. La periferia di Donati, quella che lo spinge ad aprire una porta, a cercare qualcosa al suo interno, è periferia in senso classico, luogo dell’abitare, luogo dei margini. L’edificio di cui Donati varca la soglia è noto come il “grattacielo di Pregassona”: costruito nel 1962, si inserisce in un movimento internazionale di edilizia popolare. Teresa, la protagonista di questa serie fotografica, è la custode del palazzone, dove vive da 18 anni. Donati entra nella casa della custode e la racconta, non attraverso il suo lavoro ma attraverso la persona, il corpo e il luogo in cui vive, quell’appartamento in cui Teresa passa le giornate. Nelle sue fotografie Donati ingloba i riferimenti personali della donna senza però esplicitarli, cercando invece di spogliare ogni scatto di tutti gli elementi particolari. Il risultato è un lavoro schietto, vero, che si inserisce nel panorama di quella fotografia “necessaria” perché ci racconta qualcosa di noi stessi.

Daniela Droz. Parhélie

08.10 – 12.11.2017

Aderendo al tema della biennale Borderlines. Città diverse / città plurali Daniela Droz presenta una serie di fotografie che stanno alla base del progetto A House for E.D. di cui a Casa Pessina viene presentata una sezione, Parhélie. La sigla “E.D.” sta per Emily Dickinson (1830-1886), scrittrice americana oggi riconosciuta come una delle maggiori poetesse della modernità, che dal 1866 scelse di vivere tra le pareti della propria stanza. Con questo progetto Daniela Droz approfondisce il concetto di percezione degli oggetti e dello spazio in un’ottica di alterazione degli stessi in uno stato di isolamento e solitudine, presentando in mostra 6 “finestre.” L’artista, attraverso un lavoro fatto in studio di reinterpretazione della luce filtrata dalle finestre, ha realizzato una serie di immagini che sono delle ricostruzioni immaginarie con l’utilizzo di più luci contemporaneamente in opposizione alla realtà naturale di una sola fonte luminosa, quella del sole.

Nelly Rodriguez. Isole

13.05 – 25.06.2017

Affascinata dal modo di vita semplice e immersa nella natura degli eremiti e attratta dal desiderio di conoscere la loro vita, Nelly Rodriguez è partita alla loro ricerca. È così nata la serie fotografica Isole. A Casa Pessina verrà presentata una selezione di immagini dedicate a due degli eremiti che Rodriguez ha incontrato in questi anni: Gino, che viveva in Valle Malvaglia, e Paul, che conduce la sua esistenza in Valle Onsernone. Rodriguez evoca la vita di queste persone e ce le fa conoscere grazie a scatti che spirano serenità e calma interiore. Attraverso pochi ma emblematici indizi, la fotografa allude al passaggio di un essere umano tra questi monti isolati e attraverso i luoghi e gli oggetti a loro familiari ne illustra il modo di vivere. In questa serie di immagini luoghi e oggetti non assumono però il semplice valore di attributi dei due uomini o di semplici documenti della loro vita spartana: essi vengono presentati come parti integranti delle loro esistenze. Alludendo all’impossibilità di catturare l’essenza di un soggetto, questi scatti concorrono così a ribadire e preservare il mistero dei due eremiti.

Anna Meschiari. A come Arcipelago

22.01 – 05.03.2017

A come Arcipelago è un progetto composto da 14 immagini estratte dagli archivi personali di Anna Meschiari: la scelta di ogni singolo lavoro, realizzato in luoghi e tempi diversi, ha dunque rimandi personalissimi, a comporre un insieme molteplice e sfaccettato. Al centro dell’idea vi è innanzitutto la ricerca di un percorso intimo, apparentemente senza un nitido filo conduttore se non il ricreare nessi mentali che in una veduta d’insieme si qualificano come parte di un tutto. Come scrive Giovanni Medolago nel testo critico in catalogo “è indubbio tuttavia che Anna si prende la libertà di immortalare tutto ciò che riesce ad accendere il suo interesse, libera altresì di scegliersi la tecnica che più le sembra adatta (…). Una mostra che è dunque viaggio, fors’anche mentale, attraverso i suoi archivi (ci sono foto che ha realizzato parecchi anni orsono, ben prima di diplomarsi in Fotografia alle Scuole di Arti Applicate di Vevey e di Berlino), concepita seguendo il procedimento che la giovane fotografa ha recentemente abbracciato e tendente alla fotografia concettuale: assemblare immagini colte qua e là, usarle poi per creare infine qualcosa di nuovo, che non esisteva prima. In questa occasione, certo, tutte le foto riunite a Casa Pessina sono da lei firmate, si va allora alla ricerca di un possibile riassunto del suo lavoro”.

Simone Mengani. Collezioni nascoste

18.09 – 23.10.2016

Il tema presentato dall’artista è incentrato sullo svelare alcuni luoghi poco conosciuti e solitamente non accessibili al grande pubblico: i depositi dei musei d’arte e di scienza. Con la sua macchina fotografica Mengani entra infatti nei luoghi dove vengono custodite e conservate le collezioni di alcuni musei ticinesi, in particolare di Casa Pessina, del Museo Vela, del Museo d’arte Mendrisio, del Museo Civico Villa dei Cedri e del Museo cantonale di storia naturale. La serie fotografica raggruppa immagini di tele, statue e animali imbalsamati, che hanno quale comune denominatore quello di trovarsi non in una sala espositiva, ma in un deposito, luogo in cui gli oggetti vengono conservati, catalogati e studiati, e sono quindi accessibili solo agli addetti ai lavori. Un’occasione per riflettere sulle collezioni museali in occasione del cinquantesimo anniversario dell’Associazione dei musei svizzeri.

Flavia Leuenberger. Un Ticino a stelle e strisce. Ritratti di Ticinesi emigrati negli USA

21.02 – 03.04.2016

Flavia Leuenberger, giovane fotografa di Balerna, rimasta colpita e affascinata dalle lettere degli emigranti ticinesi in California pubblicate da Giorgio Cheda negli anni Ottanta, ha deciso di partire per gli Stati Uniti alla ricerca di queste tracce del nostro passato. E così in due occasioni (2013 e 2015) si è recata Oltreoceano dove ha intessuto una rete di contatti fattasi man mano più fitta, che le ha permesso di ritrovare i discendenti di Ticinesi emigrati tra l’Ottocento e la prima metà del Novecento. Nelle immagini esposte a Casa Pessina si può osservare come i dettagli che ricordano la Svizzera siano combinati con elementi tipici del paesaggio e dell’arredo americano. Le immagini non offrono solamente una testimonianza del fenomeno migratorio che riguardò il Cantone tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ma rivelano anche quanto profondo sia il ricordo che tuttora lega queste famiglie al Ticino.

Reto Albertalli. Sguardi di Kabul

20.09 – 25.10.2015

Le immagini esposte sono state realizzate tra il 2011 e il 2012, quando Albertalli si trovava in Afghanistan quale insegnante di fotografia alla Afghan Mini Mobile Circus for Children, una scuola circense e di attività multimediali con sede a Kabul. In quell’occasione, oltre a insegnare, Albertalli ebbe l’occasione di entrare in contatto con un gruppo di ragazze, riuscendo a ritrarle a volto scoperto e in taglio ravvicinato. A unire la sequenza dei loro sguardi sono intercalate immagini in bianco e nero di uomini armati di kalashnikov, donne dalla libertà negata, cinte murarie semidistrutte e vedute della capitale martoriata dalla guerra e segnata dalla povertà: emerge così una contrapposizione tra una società sconvolta dal conflitto, dominata da un rigido codice tradizionale e il bisogno di libertà che questi ritratti di ragazze esprimono.